Infiammazione di tipo 2: fil rouge di patologie che vanno trattate con nuovi standard e modelli multidisciplinari

Riconoscere le diverse manifestazioni croniche dell’infiammazione di tipo 2 come l’asma, la dermatite atopica, la rinosinusite cronica con poliposi nasale o l’esofagite eosinofila, e sviluppare nuovi standard di diagnosi per una presa in carico dei pazienti efficace ed efficiente, integrando l’assistenza secondo un modello di cura multidisciplinare che consenta un accesso più equo e tempestivo alle prestazioni specialistiche lungo tutto il ciclo di vita del paziente.

Sono queste alcune delle proposte operative racchiuse nel Policy Paper realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) insieme a Sanofi nell’ambito del progetto dal titolo “La gestione del paziente nell’infiammazione di tipo 2”, un ciclo di tre incontri che ha visto coinvolti 4 associazioni di pazienti e 16 società scientifiche, oltre a esponenti delle istituzioni, con l’obiettivo di portare l’attenzione sull’importanza di gestire la complessità che caratterizza i pazienti con patologie derivanti da infiammazione di tipo 2 e dell’attuale impostazione assistenziale. Lo studio è stato presentato lo scorso 17 ottobre a Roma nella sala Caduti di Nassiriya del Senato della Repubblica nel corso di un evento istituzionale nato per iniziativa del Senatore FdI Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato previdenza sociale Ignazio Zullo. All’evento hanno preso parte anche la Senatrice Lega Elena Murelli Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato previdenza sociale, Stefano da Empoli, presidente I-Com e Fulvia Filippini Public Affairs Country Head di Sanofi. Presente anche una nutrita rappresentanza delle 16 Società scientifiche e delle quattro associazioni di pazienti che hanno preso parte all’iniziativa e che hanno animato il dibattito portando la propria testimonianza

Collaborazione e commitment sono i concetti chiave che hanno accompagnato tutto l’incontro e di cui ha parlato Fulvia Filippini. L’interazione tra tutti i protagonisti coinvolti nella gestione delle patologie accomunate da infiammazione di tipo 2 e il loro impegno “hanno portato un contributo concreto al dibattito di politica sanitaria che si esemplifica in questo documento”, come detto da Filippini. “Il fatto di essere riusciti a coinvolgere 16 società scientifiche e quattro associazioni di pazienti in un progetto comune per realizzare delle linee di indirizzo di gestione del paziente è un traguardo importante”.

Lo studio riconosce il ruolo centrale dell’inquadramento delle patologie dovute ad una deregolazione della risposta infiammatoria di tipo 2 e della presa in carico del paziente come strategia efficace di lungo periodo per incentivare l’appropriatezza terapeutica. Si tratta di patologie che compaiono soprattutto in bambini e in giovani adulti (con un grande impatto sulla qualità della vita) e che pongono in capo al Servizio Sanitario Nazionale la necessità di rafforzare le risposte alle esigenze di cura di questa fascia di popolazione. Mentre la prevalenza delle altre patologie croniche aumenta con l’età (il 66% delle persone tra i 75 e gli 84 anni è affetto da almeno una), le malattie infiammatorie di tipo 2, quali asma, dermatite atopica, rinosinusite cronica con poliposi nasale o esofagite eosinofila, insorgono spesso già nell’infanzia per poi manifestarsi in diversi momenti successivi nel corso della vita del paziente. Il denominatore comune emerge poi dai dati riguardo alle possibili concomitanze. Nello specifico, circa il 48% dei pazienti con esofagite eosinofila presenta anche rinite allergica, circa la metà ha allergie alimentari, tra il 19 e il 39% dei pazienti soffre anche di asma e circa un paziente su 5 ha pure la dermatite atopica. Per contro, l’asma grave è associato a rinite allergica in circa il 45% e a poliposi nasale nel 43% circa dei pazienti. Il 9,6% dei pazienti italiani con asma grave soffre anche di dermatite atopica.

È evidente come, per le loro caratteristiche, queste patologie richiedano un approccio specifico ma allo stesso tempo olistico, dalla diagnosi alla presa in carico, fino alla scelta della terapia e all’aderenza lungo il ciclo di vita.

L’attuale impostazione assistenziale presenta diverse criticità, che portano il sistema non solo a non riconoscerle tempestivamente ma a produrre potenziali sprechi e a generare risultati relativamente non soddisfacenti. In questo contesto i pazienti sono spesso disorientati e impiegano molte risorse nella gestione della propria salute, non sempre con gli esiti auspicati.

L’effetto del mancato riconoscimento delle patologie infiammatorie di tipo 2 come gruppo di malattie a sé stante può essere rintracciato nell’assenza di un approccio unificato e coerente al loro trattamento. Il rischio è che gli operatori sanitari non indaghino o riconoscano la causa sottostante le patologie e, di conseguenza, ne trattino principalmente i sintomi, facendo affidamento ad esempio, ai corticosteroidi sistemici che per via dei potenziali effetti collaterali non sono idonei per queste patologie croniche. Secondo la comunità scientifica, il sovradosaggio e l’abuso di corticosteroidi orali sono sottostimati e non adeguatamente affrontati dai sistemi sanitari, con evidenti costi indiretti dovuti alla successiva gestione degli effetti collaterali associati.

Per tutti questi motivi occorre porre l’attenzione sulla formazione e sul territorio, ha ricordato la Senatrice Elena Murelli. In particolare su medici di medicina generale e sui pediatri che sono i primi ad avere un contatto con i pazienti e “devono riconoscere queste patologie dai primi alert”. L’altro aspetto riguarda la spesa sanitaria per queste patologie croniche. “Se noi andiamo ad analizzare direttamente i costi di singole patologie sono elevati. Allora perché non andare nel momento in cui si parla di multidisciplinare a collegare queste patologie in modo tale da avere un risparmio e un’ottimizzazione di questi costi?”.

In conclusione, lo studio identifica possibili azioni da compiere con lo scopo di chiamare i decisori pubblici ad alcune priorità di intervento, a partire dagli strumenti già esistenti. Si auspica infatti: un aggiornamento del Piano Nazionale Cronicità (PNC) che tenga conto di queste patologie; un tempestivo recepimento delle prestazioni incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), in cui è presente anche il test della frazione dell’ossido esalato (FeNO) oltre che un allargamento delle prestazioni esenti da ticket. Un rafforzamento dei centri di eccellenza, supportati anche dalle applicazioni digitali, potrebbe consentire un inquadramento omogeneo di queste patologie e una presa in carico del paziente più efficace nel lungo periodo. Disegnare linea guida nazionali a supporto della realizzazione di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale da applicare alle patologie derivanti da infiammazione di tipo 2 permetterebbe, infine, di garantire un approccio unitario e coerente come voluto dal Piano Nazionale della Cronicità senza escludere l’integrazione della presa in carico e cura dalle altre manifestazioni concomitanti.

Sen. Murelli: “Trattare singolarmente le patologie con infiammazione tipo 2 costa di più”

Diso (Respiriamo Insieme): “Test del FeNo inserito nei LEA ma serve tariffario unico nazionale”

Pusateri (Sio): “Nostra sfida è individuare pazienti con meccanismo infiammazione T2 più attivo”

Belloni Fortina (Siderp) “Serve curare bene da subito anche pazienti con forme meno gravi di DA”

Annibale (Sige) “Far conoscere l’esofagia eosinofila agli specializzandi e alla classe medica tutta”

Indolfi (Siaip): “Maggiore link sul territorio per arrivare precocemente ai centri terzo livello”

Canevari (Iar) “La severità di malattia guida in tutto il percorso diagnostico e quindi terapeutico”

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